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LA MERDA di Cristian Ceresoli con Silvia Gallerano

Recensire uno spettacolo così acclamato, di cui si è parlato così tanto e molto bene, è un’impresa improba. Cosa si può dire d’altro quando così tanto è stato detto? Se si uscisse dal coro sembra che uno voglia fare il diverso, distinguersi per forza, fare il poser che vuole dire la sua a tutti i costi. Se ci si accoda al coro unanime? A che servirebbe? Diventa quasi impossibile, è come se la critica di fatto venisse disinnescata, impossibilitata a fare il suo mestiere. Eppure proverò a raccontare le mie impressioni di fronte a questo spettacolo.
Partiamo dall’ovvio: la Gallerano è un mostro di bravura. Tra tanti premi dati a vanvera, lei sicuramente se ne meriterebbe uno. È una grande attrice, che interpreta un testo non facile, nuda sul palco, messa in mostra, sul trespolo come il mostro sognato da Baudelaire nel sogno del bordello-museo. E lei racconta, con quella voce acuta, in qualche modo timida e dimessa nel suo squillare, che nel raccontare si trasforma in altre voce, assume altre voci, e grida la sua sottomissione allo schifo che ci inonda e che dobbiamo ingoiare, e resistere a non vomitare, perché questo in fondo il paese costruito dalla e sulla resistenza, e quindi mangiamola ‘sta merda, abituiamoci. Ripeto: impressionante la sua bravura. Questo è quello che mi ha colpito come un sasso in fronte.
La donna nuda in scena? Il chiacchiericcio da teatro, gli sguardi al telefonino per l’ultimo messaggio o un controllo veloce su facebook non ne viene disturbato. Quasi il pubblico non la nota, procede tranquillo nelle sue occupazioni. E poi le solite tossi da teatro, le carte di caramelle. Insomma la donna nuda in scena lì sul trespolo non attira più che tanto gli sguardi. Siamo abituati a ben altro che una normale donna nuda in scena non sconquassa più di tanto.
Il testo è forte, ma non fortissimo. Non mi sento di gridare al capolavoro. É un ottimo testo, graffiante, a volte ironico, uno straparlare e sproloquiare che avvince ma non rivolge l’animo. Trovo che le performances di Ivo Dimtchev siano molto più ficcanti nel corrodere i meccanismi della società-spettacolo. Certo viene molto da pensare all’effetto Black Mirror, dove ogni oscenità come ogni rivolta all’oscenità siano ormai totalmente inserite nel sistema, quindi inefficaci. Forse ci siamo veramente abituati a tutto, forse non siamo più capaci di sconvolgerci e noi italiani più di altri oppressi come siamo dallo scandalo quotidiano.
Mi sono posto però due domande? Perché una donna? Non una donna nuda, proprio una donna. Forse che un uomo non potrebbe dare un’idea di schifo così profonda, perché la donna ne subisce di più, è costretta ad accollarsi quelle delle donne più quello che gli uomini riversano su di loro. Su questo punto non riesco a trovare una posizione.
L’altra perplessità riguarda il continuo accenno a una velata censura riguardo a questo spettacolo. Non capisco il perché dovrebbe esserci. Lo spettacolo gira tantissimo, la stampa tutta ne ha tessuto le lodi. Ha girato in Europa e nel mondo. Non mi sembra nemmeno che un potere politico possa impressionarsi di fronte a questo j’accuse, anche perché non è mica l’unico e nemmeno il più efficace. Mi sembra invece proprio che il sistema e la società sia pronto ad accoglierlo, a guardarlo e ascoltarlo senza paura come i clienti del bordello-museo non sono sconvolti dal mostro sul trespolo mentre conversano e fottono. Mi stupirebbe la censura.
Certo ci sono casi beceri come il caso della GTT, l’azienda di trasporti torinese, che si rifiuta di pubblicizzare uno spettacolo con un nome simile perché contrario alla sua policy. E uno vien da chiedersi ma proprio la parola merda vi fa così scalpore nel paese dell’osceno perenne? Ma poi invece uno ci pensa e dice che ‘sto scandaletto alla fine ha fatto più pubblicità che altro e infatti il teatro era strapieno.
Insomma se devo esser sincero quello che mi ha colpito veramente è la bravura sopraffina della Gallerano. Chapeau! Davvero! Ma per il resto devo dire che siamo nel teatro quello che racconta, distante, che non scatena processi di autocoscienza, come il citato Ivo Dimtchev. Si ascolta passivi, che se fosse stato un radiodramma poco o nulla cambiava. Non so. Devo dire che sono perplesso. È sicuramente un lavoro di ottima fattura, con un’interprete straordinaria, che però non mi convince appieno.