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Personale politico penthotal

PERSONALE POLITICO PENTHOTAL

Personale politico penthotal è un viaggio, un omaggio e un confronto.

La parola viaggio ha molti significati: un viaggio nel tempo, in quella Bologna del ’77 dove si sognava in grande, dove l’impegno politico era vissuto con fervore e mille contraddizioni, dove non si aveva paura di impegnarsi e manifestare le proprie idee. Una Bologna agitata, turbolenta in anni burrascosi. Nel minuto di silenzio all’interno dello spettacolo compaiono alcuni dei fatti e dei lutti di quegli anni: dalla morte di Filippo Lorusso, alla strage di Bologna, e l’assassinio di Pecorelli e quello di Tobagi e i nomi son tanti che non tutti li ricordo. In Personale politico penthotal ci sono persino le voci di Radio Alice, l’emittente rivoluzionaria, radio libera che entrava nell’etere da un trasmettitore militare di un carro armato statunitense e che per prima diede la notizia della morte di Lorusso. Ma ci sono gli sbirri (evocati dal tormentone Volante 1/Volante 2 di Indietro tutta di Arbore e Frassica), ci sono i cortei, c’è la droga, c’è il sogno e il suo andare in pezzi.

Sono gli anni in cui appaiono Le straordinarie avventure di Penthotal di Andrea Pazienza, un vero e proprio affresco di un’epoca in cui l’ultima, famosa tavola riguarda proprio Lorusso. Un viaggio nei ricordi di chi quell’epoca l’ha vissuta, un viaggio dell’immaginazione per chi, più giovane, ne sente solo il racconto. Ma un viaggio è anche un trip, un volo stupefacente, chimico, sinaptico, allucinato e allucinatorio, dove io e sé si mischiano, e si sperimenta una sorta di coscienza collettiva. Un trip come molti usavano, per sfuggire a se stessi, per rivolta contro lo spirito piccolo borghese, per affermare un’emancipazione, per ricercare un’identità, buco nero della volontà, morbo e illusione, dipendenza e libertà. Oggi altre sono le dipendenze: dalle immagini, dai telefoni, dai social anche se le droghe son sempre lì, la pera tira ancora.

Personale politico penthotal è anche un omaggio ad Andrea Pazienza, il fumettista geniale, amico di Carmelo Bene, che faceva le copertine degli album di Lolli e dei PFM, ma anche di Amedeo Minghi, scomparso troppo giovane nel 1988. Un omaggio nel lessico e nelle immagini (il topolino crocifisso è un esempio). Pazienza popolare, sognante, malinconico, triste, graffiante, politico. Un universo di immagini e parole che trae la sua sostanza proprio da Le straordinarie avventure di Penthotal, un sogno vissuto dallo psichiatra, che mischia ricordi e fantasia.

Ma come si diceva, questo spettacolo è anche un confronto. Ieri e oggi, chi ha partecipato all’illusione della rivolta e della rivoluzione, e chi vive questi anni di disimpegno o, come viene detto nel testo, tra chi se l’è giocata e chi non ha nemmeno partecipato. E questo confronto avviene sul palco tra due linguaggi, quello teatrale di Marta Dalla Via e Omar Faedo de La Piccionaia, e quello Hiphop dei quattro giovani Mc (Dj Ms, Lethal V, Rebus e Zethone). Due linguaggi differenti, due toni differenti. Uno più scanzonato, divertente, persino malinconico, e uno più aggressivo, dirompente, graffiante. Entrambi poetici, in un dialogo costruttivo e ben riuscito. Poteva essere un accostamento forzato, di convenienza, e invece risulta, nell’assurdo di questo viaggio, funzionale ed estremamente espressivo.

Ma il confronto non è solo formale, è aperto allo spettatore. Un confronto tra tempi diversi, tra generazioni, tra pensieri e politiche. Non si tirano conclusioni, si lasciano molte domande in sospeso, ma sono lì, urgenti e pressanti e prima o poi dovremo provare a rispondere.

Personale politico penthotal è uno spettacolo riuscito, leggero e profondo insieme, come un fumetto, genere superflat per eccellenza, dove cultura alta e bassa si mischiano, come il rap che viene snocciolato sulla scena. Forse solo qualche passaggio farraginoso tra una scena e l’altra, ma è proprio un cercare il pelo nell’uovo.

Poetica l’immagine finale dove si rievoca Rose Thrower di Bansky, dove le rose vengono lanciate veramente dai rapper con il volto coperto dalle sciarpe come rivoluzionari a un corteo.