Archivi tag: raphael Bianco

MISTERY SONATA: Compagnia EgriBiancoDanza

Il 18 maggio al Castello di Moncalieri è andata in scena Mistery Sonata, coreografia di Raphael Bianco con la Compagnia EgriBiancoDanza, compagine instancabilmente dedita alla diffusione della danza in luoghi non tradizionalmente deputati a quest’arte, o in comunità normalmente disertate da una programmazione contemporanea.

Mistery sonata è stata realizzata in prima negli spazi della Fondazione Sandretto Rebaudengo, e nasce come opera modulabile e scomponibile, presentandosi all’occhio dello spettatore come un processo di cui non sia possibile distinguere con nettezza un inizio e una fine.

Il pubblico, diviso in gruppi, viene accompagnato nello spazio scenico e fatto accomodare in quattro diverse sezioni che forniscono differenti punti di vista. L’azione è già in atto. Circa a metà percorso si viene poi invitati a cambiare orientamento visivo, a percepire sotto altra angolazione quanto sta avvenendo. Due sezioni fronteggiano il luogo scenico in senso tradizionale e frontale, due invece sono immerse diagonalmente nello spazio d’azione. Il pubblico sperimenta dunque due modi diversi di percepire la danza: il distacco e l’immersione.

Difficile cogliere tutto quanto avviene. Ogni spettatore è invitato a operare il suo proprio montaggio delle attrazioni, costruendo una visione che è sua e sua soltanto. I movimenti dei danzatori circondano e si immergono. Nuovi eventi vengono scoperti. A seguito del cambio di punto di vista, ecco che il processo ricomincia ma è come se fosse diverso proprio perché si osservano eventi e movimenti prima nascosti oppure semplicemente riconfigurati da una nuova e differente visione. Solo pochi passaggi riconoscibili danno piccoli ed evanescenti punti di riferimento: parole sussurrate, ritmi d’azione, eventi sporadici.

Il pubblico situato nelle zone centrali viene inoltre attraversato e sfiorato dai danzatori. Si è dentro il movimento, si osserva l’interno del flusso da un punto generalmente proibito.

Interessante dunque la disposizione spaziale di Mistery sonata che mette in discussione la relazione con il movimento e l’oggetto della percezione. L’intensa concentrazione dei danzatori cattura gli spettatori e li conduce in questo luogo misterioso in cui il movimento avvince senza narrare alcunché.

Punto debole: l’accompagnamento sonoro che fornisce un tactus monocorde alla performance appiattendo anche i cambi di ritmo della danza.

Faust Deep Web

FAUST DEEP WEB di Raphael Bianco e Matteo Stocco

Faust Deep Web andato in scena al Castello di Moncalieri il 26-27-28 gennaio, costituisce il secondo appuntamento della Trilogia della civiltà, progetto scenico e coreografico di Raphael Bianco e della Compagnia EgriBiancoDanza.

Con Orlando e Prometeo, Faust costituisce una tappa di un’indagine sui miti costituenti la nostra civiltà occidentale messi a confronto con un oggi problematico e a tratti inquietante.

Nel caso specifico di Faust Deep Web, la coreografia di Raphael Bianco si innesta sull’istallazione del giovane artista Matteo Stocco. Quattro grandi schermi da cui fuoriescono cavi innumerevoli come tentacoli di dei ancestrali e mostruosi. I danzatori sono gli officianti di questo strano rito di evocazione a cui pochi partecipanti sono ammessi.

Nell’entrare in questo spazio, sacro e sacrilego insieme, si viene accolti da due figure, una donna in bianco e una velata figura in nero che sussurrano: “Tu sei Faust”.

Ed è proprio quello che accade in questa performance. si è Faust nella misura in cui si vuole conoscere ciò che è proibito conoscere, ammirando il mondo dalle profondità del deep web. Gli schermi ci propongono universi nascosti e proibiti, di armi, sesso, di incontri illeciti, in quella parte sommersa della rete che contiene tutto lo scibile peccaminoso. Non sono più le meraviglie del mondo ma le sue bassezze e miserie.

Come in una performance del Teatro del Lemming, lo spettatore è protagonista, è il personaggio principale, continuamente sollecitato e provocato dai danzatori ad agire a reagire; e come avviene spesso in questo tipo di performance, il pubblico si trova ad essere imbarazzato, sentendosi invasore in uno spazio di cui non comprende le regole. Non sa quanto possa fare e se fare, per cui spesso si barcamena in una imbarazzata via di mezzo, vittima passiva di un meccanismo che finisce per subire.

Il percorso è comunque suggestivo ed evocativo. I bravi danzatori danno dimostrazione di buone qualità come attori, gestendo il rapporto con il pubblico in maniera disinvolta e mai forzosa. Il linguaggio danzato è semplice, minimale, assolutamente comprensibile, così come l’intento della performance che non si nasconde dietro inutili opacità intellettualistiche, pericolo sempre dietro l’angolo in questo tipo di realizzazioni.

Interessante l’uso del suono prodotto dai danzatori grattando i tubi, spostandoli, muovendo gli schermi, sfiorando gli oggetti metallici. Una colonna sonora aggiuntiva che si innerva in quella prodotta dagli schermi o dalle casse. Forse si poteva lavorare in questo senso in maniera più organica.

Anche la location di Faust Deep Web, la palestra nei sotterranei del Castello di Moncalieri costituiva un valore aggiunto all’evento, e dimostrando una volta di più che il luogo-teatro può essere ovunque e sfugge sempre più dalla gabbia del luogo deputato e anonimo.

Faust Deep Web è performance che attinge a vari linguaggi, perdendo la purezza del genere e diventando generazione equivoca tra vari mondi in cui si incrociano danza, teatro e arti visive. Oramai distinguere i vari generi di Live Arts diventa sempre più difficile e in un certo senso anche inutile. La scena ha sempre vissuto di incroci e di meticci e non ha avuto mai paura degli sconfinamenti.

L’ibrido scenico che si svolge dal vivo, che vive dell’immediatezza del contatto con il pubblico che non è solo spettatore ma co-creatore dell’evento è poi strada sempre più battuta e fruttuosa. Il pubblico è stanco di essere spettatore, vuole essere attore, essere coinvolto nel processo, partecipare alla costruzione dell’opera che ha senso solo nel momento presente in cui si fa e viene partecipata.

Ph: @SIMONE VITTONETTO

Prometeo - Oltre il fuoco

Prometeo – Oltre il fuoco. Dialoghi coreografici

Giovedì 30 novembre alla Casa Teatro Ragazzi di Torino si è svolto un interessante e fruttuoso incontro di giovani coreografi che hanno intessuto un dialogo di stili coreografici sul tema Prometeo – Oltre il fuoco.

Su invito di Raphael Bianco e della fondazione Egri per la danza, si è assistito alla presentazione in prima assoluta dei lavori di Patricia Apergi, Marco Chenevier e Salvatore Romania che oltre allo stesso Raphael Bianco si sono confrontati sulla figura del titano Prometeo che per amore dell’umanità si immolò per essa.

Terzo appuntamento di una Trilogia della Civiltà, i cui primi appuntamenti sono stati dedicati a Faust e Orlando, Prometeo – Oltre il fuoco è stata una vera occasione di confronto tra quattro coreografi diversi per stile e pensiero che hanno dialogato tra loro e con il pubblico attraverso il linguaggio della danza.

Il mito del dio che amò gli uomini e fu inviso agli dei ha ispirato interpretazioni diverse dimostrando una volta di più, e qualora ce ne fosse bisogno, l’universalità del mito e la sua capacità di parlare dall’abisso del tempo al presente odierno.

Patricia Apergi, coreografa greca maestra nell’intessere intricatissime trame di contrappunti ritmici su scottanti temi politici, si interroga, quasi rabbiosamente su chi siano i ribelli oggi. Il fuoco e la luce passano di figura in figura, nella ripetizione e variazione dei temi sapientemente intrecciati. Una danza che scuote e quasi aggredisce con repentini cambi di ritmo, sincopi, accelerazioni improvvise, accumulo e rilascio di forze esplosive.

Marco Chenevier attraverso accumulazione di plastiche figure ispirate alla statuaria greco-romana, ma che ricordano anche il Voguing degli anni ’90, affronta tematiche di genere. La montante tensione di cui si caricano i danzatori nei lenti spostamenti e nelle stasi sfocia in un bacio universale che unisce uomini e donne in tutte le possibili varianti e sfocia infine in un bassorilievo di corpi nudi e ribelli.

Raphael Bianco si ispira alla figura di Aung San Suu Kyi e presenta la sua versione del sacrificio di Prometeo attraverso il corpo della donna che diventa strumento di libertà contro l’oppressione, ma anche capro espiatorio, corpo tragico che ispira alla ribellione.

Salvatore Romania, infine, attraverso una danza fortemente ispirata, a mio avviso, da quella di Roberto Zappalà, rappresenta un’umanità oppressa dallo strapotere di Zeus, un’umanità che si dibatte a terra come insetti, sciame oppresso e forse non più ribelle, ma colma della necessità di una nuova rivolta alla ricerca di un uomo nuovo.

Al di là degli stili e dei risultati estetico-artistici in questo Prometeo – Oltre il fuoco troviamo una danza viva, aperta al confronto con se stessa e con il mondo. Una danza che parla varie lingue e dialetti ma che non teme il dialogo e l’incontro. Grande merito a Raphael Bianco per aver costruito insieme alla Fondazione Egri per la danza questa occasione. Con umiltà e dedizione ci ha offerto una serata in cui si è potuto ammirare la forza esplosiva ed eversiva del corpo in movimento. Una compagnia che attraverso i suoi interpreti, si è calata nella dimensione dell’ascolto e del confronto, rendendosi strumento dell’epifania del linguaggio danzato.

Un continuo e proficuo traslare in diversissime manifestazioni del movimento e della composizione coreografica, non tralasciando l’apertura verso il mondo che troppe volte manca. Apertura che non significa per forza quotidianità e cronaca, ma la capacità di far risuonare entrambe le corde della scena e della platea. C’è da augurarsi che consimili occasioni capitino più spesso, momenti in cui la danza attraverso il suo specifico linguaggio, attraverso le contaminazioni fruttuose che può continuare ad avere e nell’ibridazione con le altre arti dal vivo, parli al pubblico senza proclami ma con l’azione incisiva della pratica artistica e con il linguaggio vivo e sempre attuale del corpo in movimento.