È iniziata una nuova stagione a Officine Caos che si apre con Chiedi chi era Francesco di Andrea Adriatico e Teatri di vita, spettacolo in memoria di Francesco Lorusso assassinato a Bologna da un carabiniere l’11 marzo 1977.
Chiedi chi era Francesco è uno spettacolo che nega se stesso. Uno schermo bucato, in cui si apre uno spazio angusto, quasi studio radiofonico, a rievocare le radio libere come Radio Alice che riempivano l’etere in quegli anni turbolenti.
Gli attori sempre di spalle, a negare un volto che non sia quello dei veri protagonisti proiettato in foto sulla struttura-schermo. Un breve attimo in cui si indulge alla rappresentazione, dove entra un carabiniere che spara alle spalle di un ragazzo in fuga tra i fumi dei lacrimogeni. Il cadavere che rimarrà sulla scena fino all’ultimo. Poi ci sono i sopravvissuti che chiamano la radio e che vengono proiettati dall’esterno, e per ultimo un ragazzo di oggi che riflette su quei fatti mettendoli in relazione con il suo oggi e con l’amore che ha appena perso.
In Chiedi chi era Francesco il ricordo di Lorusso avviene dunque in due momenti: da una parte la rievocazione dei fatti in maniera molto didascalica, da storia scolastica, con le foto a colmare la lacuna di un racconto scarno che non indulge a sentimentalismi; e poi l’oggi che si raffronta con i fatti, un oggi vissuto come rimpianto o nostalgia, oppure dai giovani con curiosità distaccata scanzonata quasi a dire: ma chi ve lo faceva fare a voi di prendervela per queste cose?
In Chiedi chi era Francesco i fatti del ’77 sono dunque sospesi tra questi due estremi: la storia anagrafica e quella personale. Non c’è indagine sui motivi che agitavano quella Bologna turbolenta, non si apre a un contesto italiano o culturale. Tutto sembra centrato solo su Francesco e sul ricordo che si conserva di lui rispetto alla propria storia personale.
I documenti audio, come la notizia della morte di Lorusso o gli ultimi istanti di Radio Alice durante l’ultima irruzione della polizia che determinerà la chiusura dell’emittente, sono lanciati nudi e crudi all’ascolto come in una trasmissione radio (E in effetti per un buon tratto lo spettacolo ricorda Hate radio di Milo Rau, senza però mai raggiungere la granitica durezza del regista svizzero nè la sua volontà di creare in platea un’agorà-tribunale). I commenti sono della commentatrice radio e risultano un po’ troppo superficiali e stucchevoli.
Un po’ troppo forzato anche l’inserimento di un fatto di cronaca legato ai Cie, anche se appare palese il legame con alcune delle lotte operaie di Francesco Lorusso, così come il riferimento allo smarrimento dei valori di sinistra.
Chiedi chi era Francesco è uno spettacolo, per quanto interessante per alcune scelte estreme, non completamente riuscito. Troppi toni didascalici e troppa aria di nostalgia. Se penso per esempio alla leggera aria di scanzonato confronto che anima Personale Politico Penthotal del Teatro della Piccionaia, dove da una parte si rievoca tutto il mondo che animò quei fatidici giorni tra il ’76 e il ’77 fino alla strage di Bologna, e in cui si apre in scena un reale confronto tra l’oggi dei rapper e il passato rievocato con il linguaggio di Pazienza, trovo che Chiedi chi era Francesco pecca di eccessiva rigidità, quasi da romanzo a tesi.
C’è una certa smania di voler dire, di voler rabbiosamente segnalare, come di trauma non superato, di qualcosa ancora presente nelle vite e non pienamente metabolizzato così da divenir materiale di nuova narrazione. È come se ci fosse troppo coinvolgimento da parte degli autori, un essere parte in causa che impedisce una reale distanza dai fatti narrati.
Fenomeno questo che vizia anche il secondo spettacolo che ha animato l’apertura della stagione di Officine Caos: Giselle, una parte di Carmelo di Erika Di Crescenzo/Cie la Bagarre. Come già in altre performance della Di Crescenzo, penso ad esempio Per il bene di Carmelo, la presenza del maestro è troppo ingombrante e scomoda. L’innamoramento verso Carmelo, un CB che appare in voce con pezzi tratti da Homelette for Hamlet o Hamlet Suite, è ironico, divertente, leggiero ma non pienamente convincente perché il maestro non è stato ucciso del tutto. Resta in scena con la sua presenza invadente, a ricordar che i morti non son veramente morti, che come il fantasma del padre di Amleto appaiono e ritornano dall’oltretomba.
Mi piacerebbe che Erika Di Crescenzo lasciasse sbocciare il suo talento lontano da CB, che lasciasse il suo innamorato e diventasse autrice di sé più che metteuse en scene di cadaveri eccellenti.
Un inizio leggermente sottotono in questa stagione alle Officine Caos, non tanto per gli spettacoli quanto per una ridondanza con il cartellone di Differenti Sensazioni terminato da poi due soli mesi. Troppi i ritorni come quello di Teatro del Lemming o di Teatro Nucleo oltre a quelli di Teatri di Vita e della Di Crescenzo. Se non conoscessi la serietà del lavoro di Stalker Teatro mi sembrerebbe una mancanza di fantasia e di una stanchezza nella direzione artistica. Non mancano le novità soprattutto dall’estero che nel proseguo della stagione non mancheremo di segnalare.
Ph: @Michele Tomaiuoli