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FAUSTO PARADIVINO: il senso della vita di Emma

Partiamo dalle cose ovvie: Il senso della vita di Emma di Fausto Paradivino, in scena al Teatro Gobetti fino al 18 febbraio, è un lavoro che funziona, ben congegnato, con un ritmo ottimo nella prima parte, più zoppicante e lento nella seconda, con buoni attori nel cast e una storia in cui in qualche modo più generazioni possono riconoscervisi perché attraversa la storia patria dagli anni Sessanta ai giorni nostri.

In qualche modo è una storia del tipo La meglio gioventù ma con un taglio decisamente più comico e leggero.

La regia, sempre di Fausto Paradivino che impersona anche la parte di Carlo, se corre per gran parte del tempo (lo spettacolo dura tre ore) su binari abbastanza classici (scena e controscena in visione frontale), ha qualche momento decisamente ben riuscito come l’episodio di Marco (Gianluca Bazzoli) in Chiesa coi santi, o di Leone (Giuliano Comin) che cerca Emma (Iris Fusetti) in Inghilterra sulle note di London calling dei Clash, oppure quella della protesta ambientalista nella galleria di Londra.

Vi sono anche motivi interessanti come la narrazione della vita di Emma che avviene per gran parte in absentia e la figura di questa figlia problematica prende corpo via via nel corso della pièce: prima solo un nome, poi un burattino e infine nel finale appare in carne ed ossa, quasi una sorta di novello Pinocchio.

Il senso della vita di Emma di Fausto Paradivino contiene in sé un certo fascino discreto di dramma borghese, di storia familiare che tanta parte della cultura italiana degli ultimi anni, soprattutto filmica ma anche letteraria, sembra incatenare. Non riusciamo a svicolarci dal racconto di questo paese se non in forma di storia di famiglia, come se il legame parentale fosse la modalità per raccontare l’Italia e la sua società.

Il senso della vita di Emma è una commedia in fondo ben riuscita, divertente per lunghi tratti e con ben dosate parti drammatiche mai troppo accese. É un buon prodotto commerciale, di teatro mainstream (e questo lo dico senza giudizio alcuno), congegnato per piacere al pubblico e Fausto Paradivino si dimostra meritevole di tutti i complimenti che riceve come commediografo e drammaturgo di successo.

Eppure continuo a credere che questo sia un teatro del passato, concepito con canoni che non sono più del teatro contemporaneo. Questo tipo di drammaturgia, che rispolvera e rimoderna il dramma borghese, più letteratura che teatro, scritta a priori per la scena ma non sulla scena, mi sembra che abbia fatto il suo tempo.

Mi paiono più interessanti gli esperimenti di Dante Antonelli su Schwab, o le drammaturgie del Collettivo Controcanto o degli Omini. Respiro la modernità, la ricerca di qualcosa di vivo che parli il linguaggio del teatro e non quello della letteratura.

Quando ho deciso di andare a vedere Il senso della vita di Emma di Fausto Paradivino ero assolutamente conscio di questo, sapevo che tipo di operazione avrei visto e mi sono lasciato affascinare lo stesso, nonostante la mia militanza in un teatro altro. Anche i “nemici” hanno carisma e bravura e bisogna rende atto della loro abilità. Una sorta di onore delle armi, un riconoscimento al valore di questo tipo di teatro, quando è ben fatto, ma un teatro che vive di un sistema produttivo e distributivo privilegiato e che assorbe la maggior parte dell’attenzione a scapito di chi vive e lavora in un sottobosco più vivo ma più difficile da scoprire.

È stato un po’ come visitare la mia amata Venezia: Piazza San Marco è stupenda benché inquinata da tanto vieto turismo, per cui le faccio una breve visitina e poi preferisco perdermi nelle calli sconosciute dove ancora si può esperire la vera natura della città.