Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa di Lorenzo Gleijeses, in prima italiana al Teatro Astra di Torino, è operacui è difficile affidare una paternità. Potremmo dire semplicemente che ha molti padri, ma non daremmo l’idea del complesso venire al mondo di questo lavoro.
Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa è frutto del progetto 58mo Parallelo Nord (quello che passa per Holstebro, la casa dell’Odin Teatret). Insieme alla performance Corcovado, lo spettacolo nasce sotto l’egida di diverse supervisioni artistiche. Il materiale viene sottoposto via via all’occhio di un diverso artista che agisce trasformando a sua volta quanto emerso dagli incontri precedenti. Una sorta di catena di trasfigurazioni fino al raggiungimento di una forma non frutto dell’artista creatore quanto di una galassia teatrale alquanto eterogenea.
In questo progetto sono stati coinvolti oltre ai già citati Eugenio Barba e Julia Varley, anche Luigi De Angelis e Chiara Lagani (Fanny & Alexander), Michele Di Stefano e Biagio Caravano (MK) e lo scenografo Roberto Crea. Uniche presenze costanti sono il corpo scenico di Lorenzo Gleijeses e l’intenso lavoro sul suono e l’illuminotecnica di Mirto Baliani.
Gregorio Samsa è un danzatore che prova un nuovo pezzo prossimo al debutto. Ripete costantemente e ossessivamente i movimenti coreografici non solo sulla scena, ma anche nella sua vita quotidiana, mentre mangia o telefona alla fidanzata, persino quando va in bagno. La sua abitazione non è nient’altro che un’estensione dello spazio scenico. La compulsione alla ricerca di una perfezione irraggiungibile allontana Gregorio da tutto ciò che lo circonda, lo trasforma in una creatura aliena incapace di comunicare. Gregorio vive una solitudine agghiacciante, da lui non avvertita perché il suo pensiero è diretto esclusivamente al debutto e a quell’eccellenza vanamente perseguita. I suoi movimenti extraquotidiani, di insetto che si contorce, non hanno niente in comune con ciò che è consueto alla vita. Il padre/maestro è l’unica presenza/assenza che acquista un significato per Gregorio, rapporto che si esplicita nell’impossibilità di quest’ultimo di soddisfarne le aspettative. Da questi elementi affiora una risonanza con la vicenda narrata da La metamorfosi di Kafka.
Eccellente l’uso della luce sempre segno che disegna spazi e ambienti. La casa di Gregorio, semplice area di tappeto bianco, con la luce diventa creatura viva. I luoghi affiorano dalla superficie e in un attimo scompaiono per nuovamente mutare. Suoni e luci disegnano una partitura che si integra con il movimento dell’attore/danzatore come in un unico complesso linguaggio.
Pochi e semplici oggetti contribuiscono inoltre a esplicitare l’ambiente. Il robot che ossessivo pulisce il pavimento è personaggio anch’esso e non semplice decoro. Come Gregorio attraversa lo spazio con gli stessi movimenti, compiendo le stesse funzioni ancora e ancora. Quasi una seconda voce che amplifica il canto.
Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa si sostanzia come una partitura fisica intensa e complessa che coinvolge tutti i materiali a disposizione. All’apparenza dunque questo lavoro a più mani, prodotto dalla Fondazione TPE insieme a Nordisk Teaterlaboratorium, braccio produttivo dell’Odin, è eccellente seppur con qualche difetto emendabile nelle repliche successive, come per esempio il finale che par non concludersi mai in un continuo ribadire il concetto. Vi sono tutti gli elementi per essere un’opera significativa e importante: un’ottima produzione, artisti di fama mondiale vi hanno contribuito, un interprete di grande livello, un apparato tecnico eccellente. Eppure tutto questo non basta.
L’oggetto scenico che si è costruito sembra alieno, incapace di comunicare la sua funzione a chi lo osserva. Come gli oggetti abbandonati nella Zona attraversata dagli stalker, nel romanzo dei fratelli Strugatski, sono semplici testimonianze di una civiltà che ci ha abbandonato senza spiegazioni, o come una vita sintetica creata in laboratorio che non riesce a scaldare il cuore, perché manca di quell’imperfezione che rende calda e viva un’esecuzione. Materiali e tecniche, seppur perfette, non sono nulla senza una funzione. Manca uno scopo e una direzione a questo lavoro. L’eccellenza non crea nessuna fiamma, non fomenta pensieri, non appesta come vorrebbe Artaud.
Una giornata qualunque del danzatore Gregorio Samsa diLorenzo Gleijeses è dunque un esercizio di maniera, lavorato con un team di super esperti e con un interprete con un grande bagaglio tecnico che padroneggia con esperienza ma che alla fine risulta freddo del tutto staccato dai bisogni della comunità pubblico in questo momento storico.
È questo purtroppo un difetto che affligge in teatro sempre più. Con tutto il parlare che si fa di audience engagement ci si dimentica di ripensare alle funzioni del teatro, alla sua possibile utilità. Attirare il pubblico non è semplicemente un affare da strateghi del marketing, ma frutto di una costante comunicazione con lo spettatore, un incontro con le sue esigenze un condividere uno sguardo sul mondo che sia comune e su cui si possa discutere. Purtroppo il lavoro di Lorenzo Gleijeses è un oggetto culturale che non tiene conto di questi aspetti. Cerca la qualità sia tecnica che compositiva che da sola non basta. Sono le imperfezioni ad attirare lo sguardo, sono i difetti che in fondo creano la personalità.
Ph:@ Tommaso Le Pera