| ENRICO PASTORE
La storia di Sada Kawakami, in arte Sada Yacco, è emblematica di come l’Occidente recepì l’incontro con il teatro estremo orientale: infatuazione che corre sul filo dell’acqua, un innamoramento fruttuoso ma fiorito dal germe dell’esotismo. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento l’Europa fu contagiata dal fascino dell’arte giapponese, generato soprattutto dalle stampe di Hokusai, di Hiroshige, di Harunobu.
Possiamo farci un’idea di questo innamoramento nel ritratto di Pere Tanguy di Van Gogh dove sullo sfondo si possono notare delle stampe giapponesi e l’immancabile Monte Fuji.
Quello che accade con Sada Yacco è cruciale nella storia del teatro innanzitutto perché fu uno dei primi incontri diretti e documentati con la vita teatrale del lontano Oriente, un incrocio inaspettato, esplosivo, illuminante. Da Ellen Terry a Sarah Bernhardt, da Eleonora Duse a Isadora Duncan e Ruth St. Denis, unanime fu l’attrazione e l’ammirazione per la minuta Sada Yacco. Eppure lei non era un’attrice e quello che danzava sui palchi di tutta Europa non era nulla di tradizionale, ma qualcosa di confezionato per i nostri occhi. Qualcosa di molto simile ai menu dei ristoranti cinesi di San Francisco. Ma chi era veramente Sada Yacco e da dove nasceva la sua arte?
Sada Yacco fu allevata fin dalla prima infanzia come Geisha, uno status spesso confuso dagli occidentali con la prostituzione di lusso. E se non mancano elementi per generare questa confusione, una geisha (la cui traduzione del termine dice Gente d’arte) in realtà nasce per intrattenere l’élite e viene educata in diverse arti, dal canto, alla musica, alla danza, dalla calligrafia alla cerimonia del tè e all’ikebana. Una simulazione di affetto arricchita da alta e faticosissima educazione dedicata a chi poteva permetterselo.
Sada era una geisha con alti protettori come Ito Irobuni, più volte primo ministro, ma con aspirazioni del tutto inusuali: anziché puntare a un matrimonio di alto profilo, decise di sposarsi con uno studente per contribuire alla sua ascesa. Quello studente fu Kawakami Otojiro, il primo vero riformatore del teatro giapponese, il fautore di quello che fu chiamato Shimpa, ossia la nouvelle vague del sol levante.
Kawakami fu un giovane ribelle, vissuto per strada mangiando le offerte dei templi, finché incontrò l’intellettuale Fukuzawa Yukichi, fondatore di una delle prime moderne scuole. Inizialmente il giovane fu accolto proprio nell’istituto di Fukuzawa ma se ne fece presto espellere per riprendere i vagabondaggi. Il suo sogno segreto era diventare un influente uomo politico. In linea di principio era anche possibile. L’epoca Meiji (1868-1912) fu un periodo di grandi rivolgimenti per modernizzare il Giappone recuperando il distacco con l’Occidente senza perdere la propria anima. Il motto dell’epoca era: spirito giapponese, tecnica occidentale. Ogni rivoluzione, per quanto ben governata, porta con sé caos e nel disordine le occasioni più impensate e un certo rimescolamento della classe dirigente.
Per raggiungere il suo scopo Kawakami si lanciò in un nuovo genere: gli entetzu ossia i discorsi in pubblico, che accompagnava con ballate a sfondo politico. Si esibiva negli yosè, locali della piccola borghesia, oltre che per strada. Fu più volte arrestato per i contenuti eversivi delle sue invettive e fu solo allora, dopo il confino a Osaka, che incominciò a pensare al teatro come forma di espressione capace di metterlo al riparo dall’ingerenza delle autorità. Quale teatro aveva in mente Kawakami Otojiro?
In un primo tempo, sull’onda della riforma del 1886 del teatro Kabuki e all’azione di Nakai Chomin. Quest’ultimo fu ispiratore del nascente teatro studentesco volto a inscenare drammi politici capaci di anticipare letteralmente l’agit prop che negli anni venti del Novecento dilagò in Russia e nella Repubblica di Weimar. Il giovane cantastorie, e ora attore improvvisato, guardò a un insolito melange tra Kabuki e teatro di cronaca, cosa non impensabile perché parte della tradizione. Kawakami costituì una compagnia e mise in scena a Tokyo l’attentato al leader riformista Itagari. La rappresentazione fu un successo. E fu proprio a teatro che Sada Yacco incontrò il suo futuro marito.
Intanto nel 1891 cadde un altro tabù del teatro giapponese: si permise alle donne di recitare. Nacquero compagnie miste nonostante i pregiudizi non cessassero in quanto il pubblico era affezionato agli Onnagata, attori uomini interpreti di ruoli femminili.
Nonostante tutto il nuovo teatro si affermava e cominciava a guardare a Occidente come tutta la società Giapponese. Kawakami non fu da meno e partì nel 1893 per la Francia, lasciando le cure della sua compagnia alla futura moglie Sada.
Cosa vide oltre ad Antoine nella capitale francese è avvolto nel mistero. Certo è che tornando in patria cercò subito un drammaturgo che attualizzasse i fatti di cronaca. Come detto, anche nel Kabuki non era inconsueto il riferimento al presente, ma con Kawakami e lo shimpa questo aspetto divenne un punto di forza. Per ottenere maggiore successo, con lo scoppio della guerra cino-giapponese, Kawakami andò al fronte e non solo si fece fotografare in pose eroiche sul campo di battaglia ma mise in scena in patria i suoi racconti di guerra. Il successo gli arrise per un certo periodo tanto da arrischiare altre riforme (come il buio e il silenzio in sala sconosciuti al teatro giapponese) e arrivò persino a costruire un teatro a Tokyo, ma il successo gli fece commettere un grave errore strategico. Da attore cercò di candidarsi alle elezioni quando il pregiudizio nei confronti della categoria, considerata quasi come fuori casta, era ancora troppo forte. Fu attaccato e deriso, accusato di essere un imbroglione e un millantatore, e il teatro in costruzione cadde in mano agli usurai. Siamo nel 1898 quando, sull’orlo del baratro, a Kawakami e Sada Yacco capitò una fortuna imprevista: una tournée in America.
Qui la luce che illuminava Otojiro gradualmente si spense e si accese luminosa su Sada Yacco. In America le cose non andarono benissimo dopo un’iniziale fortuna a San Francisco nel 1899. La compagnia visse di stenti fino a Chicago (addirittura due attori morirono di fame) dove, tramite un insperato contratto per una serata sola, il 22 ottobre al Liberty Theatre, la stella di Sada Yacco cominciò a brillare.
Durante la tournée ebbero la possibilità di vedere Ellen Terry e Henry Irving recitare Shakespeare e Kawakami, sull’onda del successo ottenuto dalla moglie, fiutò una possibilità e cominciò a operare riduzioni shakespeariane. Il primo testo affrontato fu il Mercante di Venezia dove Sada Yacco era Porzia in un dramma praticamente ridotto al solo giudizio di Antonio. Sada non riuscì a imparare la parte a memoria e non fece che recitare litanie buddiste ma grazie alla sua recitazione così insolita, antinaturalistica e capace di smuovere grandi emozioni, nessuno se ne accorse e il successo fu straordinario. Ellen Terry stessa ne fu entusiasta. Fu così che Sada Yacco, attrice per ventura e non per vocazione, partì per l’Europa dove, dopo un esordio a Londra, al quale partecipò perfino la Regina Vittoria, si diresse a Parigi con un contratto con l’impresaria più spregiudicata dell’epoca: Loïe Fuller, madre delle danze serpentine.
Siamo nel 1900, l’anno dell’esposizione universale e Loïe Fuller si era assicurata uno spazio in Rue de Paris proprio al centro del quartiere dei divertimenti. Attrazione principale, in quella fiera dove abbondavano le culture esotiche, fu proprio Sada Yacco dove per ben 213 volte recitò insieme al marito La Geisha e il Cavaliere, una riduzione da più testi Kabuki abbreviato a uso occidentale e in cui per la prima volta apparvero le famose morti in scena di Sada Yacco. Fu l’unico vero successo dell’Esposizione tanto da ricavare con il suo spettacolo la settima parte dell’intero incasso della manifestazione. Ma cosa videro gli spettatori? E quanto c’era di giapponese nel recitare di Sada Yacco? E i giapponesi all’estero come reagirono?
Cominciamo dal principio. Sada Yacco era una geisha, di quelle con grande talento se addirittura un primo ministro fu un suo fedele protettore, e come tale abile, dopo lunghi anni di addestramento, in varie arti tra cui la danza e il canto. Essendo interdetto alle donne il recitare, le tecniche utilizzate provenivano comunque dal Kabuki e dal Nō benché in versioni semplificate. Inoltre Sada era appassionata di teatro e poté vedere in azione sia gli attori tradizionali sia i nuovi appartenenti al movimento shimpa. Non è da sottovalutare la capacità di assimilazione dei giapponesi capaci, fin dal settimo secolo, di prendere dalle culture vicine e, nell’imitarle, variarle fino a farle proprie.
Inoltre non bisogna dimenticare l’abilità tutta nipponica di utilizzare gesti rituali anche nelle pratiche di tutti i giorni, attitudine di certo più spiccata in un epoca, come quella Meiji, ancora vicina alle tradizioni pur se in piena rivoluzione culturale. Sada Yacco dunque fece quello che gli attori di ogni latitudine fecero per migliaia di anni: apprendere per variare, utilizzare le tecniche per adattarsi ai vari pubblici.
Con questa premessa, e aggiungendo che Kawakami adattò testi del Kabuki e testi occidentali e,per i palati del pubblico europeo e americano, ridusse i tempi di esecuzione mantenendo però gli aspetti spettacolari e la sfarzosità dei costumi del teatro giapponese (nel loro bagaglio di tournée ne avevano ben dodici tonnellate), si spiega l’enorme interesse suscitato da un’attrice così insolita. Quello che videro gli spettatori non era quindi teatro tradizionale nipponico ma una rivisitazione di Kawakami. L’ignoranza dei modelli originari sommata all’infatuazione per la japonnerie, spinse a vedere ciò che non c’era. I giapponesi all’estero infatti furono scandalizzati perché percepirono una degradazione della tradizione.
Il problema sollevato dalla vicenda di Sada Yacco è il concetto di originario, già problematico in filosofia e antropologia, ma ancora più tortuoso in teatro. Cosa è originario? Ogni attore dalla notte dei tempi ha imparato delle tecniche da un maestro, le ha ibridate con quelle di altri artisti incontrati in vita e provenienti da tradizioni differenti, e poi ha tramandato la variazione ai suoi allievi in un ciclo infinito di differenza e ripetizione. Anche in Giappone il Kabuki aveva dovuto riformarsi proprio a causa dell’incontro con l’Occidente e il Nō era decaduto a causa della scarsa attenzione del pubblico. Ciò che si sarebbe visto in Giappone nel tempo di cui stiamo narrando di certo non era il Kabuki dell’epoca Edo e molti cultori giapponesi infatti storcevano il naso di fronte a questi “tradimenti” del canone.
Di certo Sada Yacco, donna proveniente da una tradizione fluttuante come il mondo artistico cui apparteneva, al talento innato sommava proprio l’abilità di ibridare le tecniche e adattarsi al pubblico occidentale davanti al quale recitava. Il suo successo fu enorme in tutta Europa: la Secessione viennese ne fece la propria bandiera, in Germania grande fu la fascinazione verso la sua arte, la Duse rimase impressionata dalle capacità della piccola Geisha. Hofmannstahl nel suo saggio Sulla pantomima scrisse: «anche l’azione più semplice può trasformarsi in cerimonia […] non vi è gesto, per quanto insignificante che non possa essere purificato ed elevato a dignità […], così erano le cerimonie di Sada Yacco, pur tra dialoghi in una lingua sconosciuta, drammi prolissi e azioni incomprensibili». Inoltre divenne un fenomeno di costume tanto che in Francia e in Italia si vendevano kimono con il suo nome.
Il successo non le arrise in egual modo in patria dove il confronto con il canone era più verificabile. Dopo le tre tournée europee e la morte di Kawakami nel 1911, Sada Yacco, insegnò per breve tempo nella scuola aperta dal marito, ma presto tornò a stringere una relazione amorosa con il suo primo amante. E in Giappone da diva divenne solo ragione di scandalo. Si ritirò dalle scene con queste parole: «Comunque un giorno/ dovrò abituarmi a nascondermi/ ed essere un fiore poco appariscente». Aprì una fabbrica di seta all’avanguardia con sole otto ore di lavoro e spazi di ricreazione comuni e attività sportive, che chiamò Kawakami. Poi di lei tutti si dimenticarono finché morì settantacinquenne sconosciuta al mondo. Queste le sue ultime parole note: la mia vita è stata uno sbaglio.
La storia e il successo di Sada Yacco, oggi purtroppo dimenticata, destino condiviso con altre, troppe, donne di quell’epoca inquieta e che seppero portare al mondo il loro talento e la loro differenza, ci parla ancor oggi dei difficili rapporti tra diverse e distanti culture. Spesso nell’altro, nel diverso, cerchiamo il conosciuto o l’esotico da cartolina. Siamo poco propensi a mettere da parte i nostri pregiudizi e osservare con lo sguardo libero e aperto. La più grande lezione della piccola geisha Sada Yacco, grande attrice per caso, forse sta proprio in questo: nella sua abilità di far vedere quello che il pubblico desiderava mantenendo inalterata l’essenza (il fiore direbbero nel Nō) della sua arte. In fondo nel teatro è sempre la stessa storia: si sta tra l’essere e il non essere, tra l’ombra e la luce, e in quello spazio della durata di un minuto brillare evocando un istante di meraviglia per l’occhio che guarda.
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