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Blitz Theatre Group

LATE NIGHT: Blitz Theatre Group a passo di danza sulle rovine del mondo

Al Festival delle Colline Torinesi torna il Blitz Theatre Group con uno spettacolo sublime e tremendo: Late night. Due anni dopo aver portato a Torino Vanja. 10 years after, la compagnia greca ci stupisce con un lavoro poetico e melanconico come il canto sugli ultimi giorni di Roma di Rutilio Namaziano, graffiante e inquietante come un testo di Cormac McCarthy.

Blitz Theatre Group ci conduce in una sala da ballo ingombra di macerie. La pista si vede a malapena così coperta di polvere e calcinacci. Tre coppie di ballerini siedono al fondo della sala su un gruppo di sedie spaiate. Una televisione è rivolta verso di loro nell’angolo sinistro. Noi non vedremo mai cosa viene trasmesso. Sempre sulla sinistra uno scalcagnato tavolinetto con sopra, disposti in disordine, bicchieri e una brocca d’acqua. Sulla destra un ventilatore, relitto di un tempo che non è più. I ballerini sono immobili. Chi guarda verso di noi in platea, chi un qualche punto sperso nel vuoto. Lo spettacolo inizia con una risata ingiustificata.

I ballerini cominciano a danzare, dapprima timidi, poi in un vortice. La polvere si alza da terra, la musica è malinconica, – si passa da La Masquerade Suite di Khachaturian, al Valzer n.2 di Shostacovich, passando i valzer presenti nella colonna sonora di due celebri film Old Boy e Lady Vendetta -, parla di un mondo che è stato e non torna, di amori finiti, rimpianti, ricordati con dolorosa dolcezza, ma soprattutto di una civiltà che è caduta. Finis Austriae revival.

Ogni tanto i ballerini prendono fiato. Si siedono sulle sedie. Qualcuno guarda il televisore. Qualcuno si alza e va verso il microfono in proscenio. Racconta per frammenti di sogni perduti, di una guerra che continua a squassare l’Europa (città bombardate, ospedali in fiamme, eserciti in marcia, rombi di bombardieri, razzie). Non sappiamo niente perché questa guerra sia scoppiata. Non ci viene detto. Ci raccontano solo le sue conseguenze e dei sogni che agitavano i ballerini prima che tutto succedesse. Intanto loro continuano a ballare sulle note di Quasimodo Tango.

Le luce sparisce. Dopo una lunga pausa si riaccende. I ballerini si impegnano in un’assurda competizione. Scialbi e triti numeri di illusionismo, sciocche esibizioni di nessuna abilità. Un vuoto intrattenimento. Uno dei contendenti accende il ventilatore che muove dei fili colorati facendo finta che la sua mano azioni i fili. Non sembra diverso da ogni altra esibizione ma gli altri si ribellano urlando la finzione. È il ventilatore non la mano. È finto. Che l’intrattenimento sia vuoto ma almeno veritiero.

E la danze ricominciano, come i racconti: “a quel tempo pensavamo che fino a quando la musica avesse risuonato non avremmo avuto di che preoccuparci”. E invece la guerra imperversa e i calcinacci cadono dal soffitto. Tutto ciò che avviene in scena è avvolto da una nuvola di polvere.

Blitz Theatre Group canta la caduta di una civiltà. Non in una giorno e una notte come Atlantide, ma un collasso lento, ignorato, obliato. Non solo. Il collasso sembra anche umano: “A poco a poco siamo diventati ciò che disprezzavamo”. L’amore è passato, ricordato, non vissuto nel momento. Le danze continuano sulle macerie ma senza amore, meccaniche, si balla perché si deve, perché chi si ferma è perduto.

L’Europa è caduta. In guerra da nord a sud. Da qualche parte si festeggia una vittoria, altrove si sopravvive a colpi di morfina e saccheggi. Il tempo sembra circolare, si appiattisce e tutto ciò che avviene è già avvenuto. Passato, presente e futuro sono simultanei. La guerra di oggi è identica alla guerra di domani, solo più cruenta. Non c’è speranza alcuna: “la vecchia vita è finita, idioti!”.

Late Night di Blitz Theatre Group è un lavoro politico, disperante e commovente. Quella sala da ballo diroccata è sia fuori che dentro di noi. Gli amori e i sogni dissolti possono essere i nostri. La civiltà che collassa su stessa è la nostra, lo si dice senza mezzi termini, e l’arte che dovrebbe scuotere e far pensare è sciocca competizione di vuote illusioni.

Late Night di Blitz Theatre Group riverbera atmosfere di un grande teatro che fu: da Pina Bausch a Kantor. Di entrambi prende alcuni stilemi. La clownerie da relitti disastrati di un mondo sommerso da un diluvio, le vuote processioni, le ripetizioni, le danze ossessive, la sublime poesia, gli oggetti di una realtà dal rango più basso.

In questo lavoro di Blitz Theatre Group, aldilà dei significati che ciascuno può scoprirvi e cogliervi all’interno, è il teatro che parla con la sua lingua più propria, senza appoggi letterari. La poesia della scena frutto della composizione dei corpi in movimento, degli oggetti significanti, dei gesti che torturano il pensiero.

Late Night è anche il grido di Artaud, quello che ricorda come il cielo possa caderci in testa in ogni momento. Nessuna rassicurazione. Nessuna confort zone: “la vecchia vita è finita, idioti!”.

Ph: @vassilij makris

Festival delle Colline Torinesi

ONDE MIGRANTI E NUOVA DRAMMATURGIA: presentata la 23ma edizione del Festival delle Colline Torinesi

Giovedì 26 aprile è stata presentata alla Fondazione Merz in Torino la nuova edizione del Festival delle Colline Torinesi. Ventitré spettacoli e otto prime nazionali nel programma che si incentra sulla figura del viaggio in tutte le sue declinazioni: come migrazione, come ricerca dell’identità sessuale e non, come memoria.

Non mi dilungherò troppo sul programma che si può consultare sul sito del Festival delle Colline Torinesi a questo link http://www.festivaldellecolline.it/edizione/edition

Cercherò invece di fare alcune considerazioni sulle linee di programmazione e di direzione artistica partendo dal presupposto che un libro non si giudica dalla copertina.

Molti i nomi di prestigio, alcuni per la prima volta a Torino come Milo Rau e Agrupación Senor Serrano, Liv Ferracchiati, Blitz Theatre Group; altri ritornano come Amir Reza Koohestani, Romeo Castellucci, Silvia Costa, Licia Lanera, Cuocolo e Bosetti. Presenti alcuni degli ultimi premi Ubu come Macbettu di Michele Serra, e la Compagnia Dammacco con Serena Balivo, migliore attrice under 35.

Un programma che tiene presenti alcune delle migliori proposte nel panorama nazionale e internazionale e che riflette alcuni dei punti di forza e le caratteristiche del Festival delle Colline Torinesi: una visione delle arti sceniche sul confine di tradizione/innovazione, una solidità di programmazione che punta su una qualità certificata senza prendersi grossi rischi (i giovani artisti e gli ospiti internazionali presenti sono tutti stati premiati e riconosciuti e hanno tutti beneficiato di un’abbondante distribuzione sul circuito nazionale e internazionale), un forte appoggio istituzionale.

Tutti questi aspetti non sono necessariamente difetti e neppure pregi al di là di ogni ragionevole dubbio. Sono scelte che fanno un’identità di direzione artistica. Non sempre nei grandi festival questo è visibile. Molto spesso per accontentare ogni tipo di pubblico si sceglie di tutto un po’, mentre il Festival delle Colline Torinesi afferma una propria identità e va avanti per la propria strada che affianca qualche contaminazione (teatro circo, danza, e multimedia) a una decisa preferenza per il teatro di parola e di testo.

Certo dato il prestigio sarebbe auspicabile un maggiore impegno nella ricerca di sconosciuti di valore, (e ce ne sono) favorendone il lancio ma forse questo potrà avvenire con la nuova partnership avviata con la Fondazione Teatro Piemonte Europa (TPE) diretto da Walter Malosti. Tra i due enti si inaugura un triennio di programmazione condivisa allo scopo di produrre nuovi lavori per la creazione di un nuovo polo del contemporaneo. Attenzione particolare dedicata alla formazione di una nuova drammaturgia e alla produzione di giovani di talento.

Il progetto è ambizioso e interessante ma presenta sulla carta delle criticità: da una parte manca apparentemente un’attenzione verso l’altro aspetto decisamente insufficiente nella filiera italiana ossia la distribuzione, dall’altro i tentativi di creare nuove drammaturgie spesso falliscono perché non basta creare delle condizioni occorre che ci siano le esigenze e le urgenze.

Mi spiego meglio. Produrre un lavoro è sicuramente azione meritoria in un panorama desolante ma senza creare le condizioni per un’efficace distribuzioni si rischia di creare le solite cattedrali nel deserto. Affiancare alla produzione la creazione di efficaci canali distributivi dovrebbe andare di pari passo. Non dico che manchino dei passi in tal senso ma mi pare che questo aspetto sia caduto in secondo piano.

Per quanto riguarda la creazione di una nouvelle vague (per riprendere il tema del festival Fluctus, onda in latino) drammaturgica occorre non solo crearne i presupposti ma che da parte degli artisti si manifesti una volontà e un’urgenza in tal senso e in questo non sono sicuro che il teatro oggi necessiti di una drammaturgia letteraria quanto di riformulare degli stilemi di drammaturgia della scena e che privilegi le specificità del teatro così come è uscito dalle sperimentazioni del Novecento.

Oggi il miglior teatro apparso nel panorama europeo non crea drammaturgie a partire da un testo preesistente ma ne costruisce una che parte dalla scena stessa, dalle sue ibridazioni con altri linguaggi, e che si palesa come una vera e propria forma di composizione sinfonica.

Ripeto non si giudica un libro dalla copertina, né un uomo dal suo aspetto esteriore, mi limito a indicare dei possibili punti di debolezza non per sciocca voglia di trovare il difetto a tutti i costi ma come stimolo. Nell’indicare le criticità come sguardo esterno, ruolo che trovo sia proprio della critica, si può anticiparle e prevenirle. La discussione poi su questi temi non è mai abbastanza, e il dialogo tra artisti, direttori, critici e operatori può essere solo fruttuoso perché movimenta lo scambio di idee e di posizioni impedendo la stagnazione che sempre avviene nel consenso unanime.

Come chiusa di questa breve riflessione mi limiterò a segnalare alcuni degli spettacoli secondo me imperdibili nel programma del Festival delle Colline Torinesi. Innanzitutto Milo Rau, artista che seguo da prima che apparisse in Italia e ritengo sia uno dei più dirompenti talenti mondiali teso sempre ad affrontare il reale e la storia e a sondare il limite di cosa possa o meno essere tollerato sulla scena. A Torino viene con Empire opera che tratta il tema della migrazione forzata dalla violenza degli eventi storici.

Segnalo anche Liv Ferracchiati con la Trilogia dell’identità che ho seguito insieme a Nicola Candreva l’anno scorso tra Santarcangelo, nell’ultima edizione del Premio Scenario, e la Biennale di Venezia. Una/un giovane interessante, molto maturo/a e formato/a anche se contiene ancora qualche germoglio acerbo che va curato affinché giunga a completa fioritura.

Agrupación Senor Serrano e Blitz Theatre Group, sono due gruppi che attuano dinamiche e strategie di intervento davvero dirompenti capaci di mettere il dito nella piaga nelle ipocrisie del nostro tempo. Il gruppo catalano, con grande ironia, ha millantato l’assunta direzione del Teatro Nacional de Catalunya, mettendo con il loro annuncio in luce la mancanza di sostegno a una vera innovazione nelle arti sceniche nella loro regione (ma il discorso andrebbe benissimo anche per la situazione italiana). Il gruppo greco ha modalità di creazione condivisa e una decisa volontà di esplorare la realtà tramite un teatro che prima di tutto è incontro/scontro con la società.

Una certa curiosità, e questo benché non sia un suo ammiratore, mi suscita il progetto di Licia Lanera su Roberto Zucco di Koltes con gli allievi della scuola del Teatro Stabile di Torino. Roberto Zucco è un testo violento, forte, estremamente poetico che indaga la vita del serial killer italiano che saltò agli albori della cronaca alla fine degli anni ’80. Un testo che ho amato molto fin da quando lo vidi per la prima volta alla Biennale del 1995 alle Corderie dell’Arsenale per la regia di Luis Pasqual.

Da ultimo ovviamente Macbettu di Michele Serra vincitore del Primio Ubu come miglior spettacolo 2017.

Non resta dunque che ritrovarsi il 1 giugno per iniziare le visione di questa 23ma edizione del Festival delle Colline Torinesi e incontrare direttamente gli artisti e le opere che, in fondo, sono il vero scheletro portante di ogni manifestazione dedicata al teatro.