Mariella Celia

SLEEP ELEVATION di e con Mariella Celia

Sleep elevation di Mariella Celia, in scena a Tdanse festival di danza e nuove tecnologie di Aosta, è un percorso onirico tra linguaggi (danza, teatro e cinema), tra comico e drammatico. Un’oscillazione pendolare tra conscio e rimosso. Un sogno è sempre perturbante, gli elementi che sono in ordine logico e sembrano conservare nella veglia la loro razionale relazione, la loro necessaria utilità, diventano d’improvviso caotici, mescolano le loro funzioni, assumono sensi inaspettati e rivelano combinazioni rivelatrici delle nostre ansie, paure, desideri e aspirazioni. In questo scombinare le carte, rompere gli schemi e rivelare segreti percorsi che alla luce del giorno facciamo fatica a confessarci, ci troviamo più nudi e indifesi ma anche più consci e consapevoli. L’emersione dei nostri scheletri dall’armadio nascosto nel profondo dell’anima porta con sé una legione di sentimenti che scuotono come un terremoto ma fanno sorgere anche il riso, il buffo, il comico del credere un mostro una semplice bambola di pezza.

In Sleep elevation di Mariella Celia esplode in scena questo miscuglio di sensazioni e linguaggi, questo puzzle in cui come nel romanzo di George Perec manca sempre un pezzo per ricostruire l’immagine. Una donna in vestaglietta attende una telefonata. Con il cellulare sempre in mano aspetta il suo personale Godot, e nell’attesa si accorge di non aver capito molte cose. E anche noi non riusciamo bene a inquadrare se stia parlando dello spettacolo che stiamo osservando o della sua situazione. Questo incipit decisamente comico ci porta piano piano a scivolare nel sogno e a trovarci noi nella situazione di dire: non ho capito. In realtà non c’è niente da capire, ciò che accade è anche in noi, lo sappiamo di cosa sta parlando.

Scende il buio e l’unica luce è quella del cellulare che diventa il burattinaio che tira i fili del corpo della donna. Poi torna la luce e la donna si toglie la vestaglietta e presenta il suo corpo in un buffo bichini natalizio iniziando a ballare una canzonetta anni ’80. L’armadio in tutto questo è là nell’angolo della scena ma evidente, scomodamente presente. Ed ecco che infine si apre, la donna ci entra e tra uno sbuffo di fumo ne riesce accompagnata dallo scheletro.

Inizia una nuova fase dello spettacolo. Lo scheletro è compagno, amante, amico, feticcio, idolo terrifico. Ci si può giocare, danzare, si può percuoterlo, accarezzarlo, conversarci insieme. Si intavola uno strano gioco di ruolo in cui scheletro e donna diventano doppiatori di scene famose di film in cui la volontà di far colpo, di essere desiderati e di desiderare diventa imperativo: la scena di Mia e Vince in Pulp Fiction nel locale dove ballano il famoso twist, un dialogo tra Marlon Brando e Vivian Leigh in Un tram chiamato desiderio e infine una scena tra Totò e Anna Magnani in Risate di gioia. Modelli di desiderio ma anche comportamentali imposti da un immaginario condiviso, schemi in cui i desideri e le aspirazioni personali sembrano calate dall’alto e dall’altro. L’elevazione evocata dal titolo diventa dunque aspirazione spesso contrastata dai nostri stessi comportamenti che si attengono allo schema, che ci boicottano quasi in una pulsione di morte che ci sospinge, quasi fossimo posseduti da quello che Poe chiamava genio della perversione, verso il basso, verso la terra non madre ma oscura mota che ci appiccica al terreno. E in questa lotta verso una possibile elevazione non ci si sorprende a provare grande tristezza e compassione di sé, si avverte la solitudine di ogni anima che benché iperconnessa col mondo, in fondo si affanna solitaria ballando avvinta alle proprie paure.

Sleep elevation di Mariella Celia è uno spettacolo divertente, arguto, profondo ma anche accompagnato da un sottile velo di tristezza che aiuta a pensare alla tirannia dell’essere connessi e comunicativi ma terribilmente soli e bisognosi di piacere ed essere desiderati. Sleep elevation non è privo di difetti, qualche macchinoso e farraginoso passaggio tra una scena e l’altra, qualche momento che andrebbe ulteriormente raffinato, ma nel complesso ben riuscito ed eseguito da una Mariella Celia danzatrice/attrice molto dotata tecnicamente e che per la prima volta si cimenta nel doppio ruolo di esecutrice e artefice di un proprio solo.

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