Yin e yang

YIN E YANG: L’INSOSTENIBILE MUTEVOLEZZA DELL’ESSERE

In cinese i caratteri per Yin e Yang indicano una montagna con a fianco la luna o il sole a determinare il versante assolato o ombroso del monte. Nella rappresentazione ideografica dei due principi motori del Tao vi è implicita la transizione degli astri, un movimento dinamico non il permanere statico. Lao Tze, patriarca del taoismo, recita nel Tao Te Ching (Il libro della via e della virtù): la Via veramente Via non è una Via costante.

Yin e Yang si alternano, non si oppongono: quando uno ascende, l’altro all’opposto decresce. Nell’I-Ching (Libro dei Mutamenti), la linea intera (Yang) e la linea spezzata (Yin) generano dapprima gli otto trigrammi (gli elementi) e in seguito i sessantaquattro esagrammi, vessilli grafici degli stati mutevoli dell’essere, sempre transeunte. L’essere che si pone davanti ai nostri occhi non è dunque un monolite fatto di opposizioni manichee, ma è un caleidoscopio in perenne creazione di stati mutevoli. Il mondo si manifesta in infinite varianti generate dall’alternanza dei due principi in cui niente permane ma sempre si trasforma.

L’Occidente al tramonto, lontano ormai da quell’alba greca in cui la metamorfosi era fondamento della creazione e della meraviglia, si fossilizza sempre più nell’opposizione intransigente. O piace o non piace, o funziona o non funziona. Nessuna possibilità nel mezzo.

Evoluzione dei caratteri Yin e Yang nei secoli

In questo momento così fragile, complesso e problematico, le opposizioni non sfumano ma diventano granitiche. Qualsiasi idea o progetto si attui immediatamente genera partigiani e oppositori. Non si ha la pazienza di attendere, di comprendere, di osservare. Ci si scaglia o si difende a spada tratta. Non si ha nemmeno la compassione di comprendere la difficoltà di qualsiasi agire.

Questo avviene per i vari progetti di delivery teatrali e simili (Kepler-452, Spazio Franco, Teatro dei venti) così come il progetto Zona Rossa del Teatro Bellini di Napoli. Quest’ultimo poi è stato gravato dall’etichetta “Grande Fratello teatrale” banalizzando le intenzioni sottese a un atto che prova a essere di resistenza, coinvolgimento, creazione nonostante le difficoltà.

Sei artisti (non li chiamo attori perché le personalità coinvolte sono difficilmente inscrivibili in una sola categoria) Alfredo Angelici, Federica Carruba Toscano, PierGiuseppe di Tanno, Licia Lanera, Pier Lorenzo Pisano, Matilde Vigna, si chiuderanno in teatro senza sapere quando ne usciranno. In questa volontaria clausura faranno quello che sanno fare: proveranno a creare, ma senza l’assillo del risultato. E questo lo faranno davanti alle telecamere, esponendosi nel momento più fragile e solitamente più protetto. Potrebbe essere un fallimento, così come un momento meraviglioso ed eccitante di creazione. Non importa il risultato. Importa farlo nonostante tutto. Importa provare a comunicare la difficoltà e la meraviglia che accompagna qualsiasi atto creativo.

Alla fine del processo, potremo stare a disquisire di estetica, tecnica, funzionalità, etc. Oggi, nelle condizioni in cui siamo, possiamo solo sostenere chi ha deciso di impegnarsi in questo come in altri progetti. Proviamo per una volta a essere occhi che osservano senza giudizio, proviamo a esercitare la compassione verso le tensioni o aspirazioni altrui.

Questo non è un invito a lasciar perdere il senso critico. Anzi. Esercitiamolo con benevolenza e intento costruttivo. Esponiamo piuttosto punti di vista che possano essere utili e questo senza porsi come tanti Gesù nel tempio. Siamo solleciti nel proporre possibili variazioni e cambi di rotta laddove si presume esista una questione problematica, ma senza l’arroganza di chi pensa di avere la verità in tasca.

Il teatro, e le arti sceniche tutte, necessitano dell’apporto di ognuno per superare un momento che vedrà molti cambiamenti e non tutti positivi. Le difficoltà per il settore non finiranno insieme all’emergenza sanitaria, così come non sono cominciate con essa. Bisogna trovare insieme non una o due soluzioni, ma molte varianti perché l’evoluzione non procede per linea retta ma è un albero con infinite fronde.